L’andamento delle attività commerciali: cosa è cambiato negli ultimi 10 anni In ogni momento (o quasi) della storia del commercio italiano, anche nei periodi di grande incertezza, il numero delle compravendite di attività commerciali è spesso stato fluente e merceologicamente di ampio respiro. Aziende al dettaglio avviatissime pagate a peso d’oro, ma anche imprenditori logorati e sfiduciati che cedono, a fronte di colleghi o aspiranti tali che, al contrario, cercavano una buona opportunità ad un basso prezzo per rilanciare un’impresa. Tutto questo in ogni momento storico, tranne in questo. Le cessioni d’azienda negli ultimi 10 anni non sono aumentate, sono bensì diminuite. Meno attività cedute, nuove aziende aperte da zero, spesso e volentieri con un grado di improvvisazione che ha generato, oltre alle tante nuove aperture, anche un drastico aumento delle chiusure delle nuove imprese entro i 2/3 anni dalla loro nascita. Il tempo medio di sopravvivenza è terribilmente diminuito. Ma dopo anni di crisi, si presenta una fase storica post pandemia cruciale non solo per l’evoluzione della micro, piccola e media impresa, ma anche per la sua stessa sopravvivenza, legata alla sua capacità di abbracciare le nuove frontiere della digitalizzazione, sfruttando a proprio favore le sacche di inefficienza tipiche dei grandi network. La rinascita della micro e piccola impresa passa senz’altro in maniera parallela e sinergica sia dalle politiche di governo che dalla proattività dell’imprenditore.
Quali nuovi scenari per il commercio? Da un lato c’è un sistema fiscale ed una burocrazia che basterebbero a dissuadere anche il nuovo Steve Jobs. Non solo, si rileva che non vi è alcuna visione ad oggi che contempli la vicinanza ed il supporto alla crescita del settore. Ad esempio, in alcune grandi città italiane dalla indubbia vocazione turistica, la frammentazione e la dispersione della micro impresa artigiana la rende non immediatamente accessibile a turisti e cittadini, che difatti si riversano nei grandi poli commerciali. Mi spiego meglio: a Roma, ad esempio, non ci sono percorsi o mappe strutturate che consentano a cittadini e turisti di visitare più botteghe artigiane e molto raramente troviamo aree tematiche, cioè aree commerciali destinate ad un tema specifico. Questa può essere una grandissima area di miglioramento. In un’ottica di specializzazione, un gruppo di negozi può identificare nel tempo un’area e renderla un polo tematico. Ed i poli tematici possono essere numericamente infiniti. Pensate alla gamma enorme di tipologie di attività commerciali presenti o non ancora nate. Alcune strade, o ancor meglio, alcuni centri commerciali naturali, hanno già intrapreso questo percorso. La via dell’arredamento, il quadrilatero degli artigiani, il percorso di un certo alimento, il centro delle scarpe, il gelato in mille forme etc. Poli commerciali tematici, memorizzate questo concetto! Dall’ altro lato però, è obbligo e grande chance, per il piccolo imprenditore, sposare alcuni fondamentali bisogni del consumatore, che, ricordiamolo, può cambiare le modalità di acquisto, ma è sempre spinto da alcuni istinti primitivi. Studiando Golia… Cosa insegnano AMAZON, FACEBOOK, APPLE, GOOGLE al commerciante Da “The four. I padroni. Il dna segreto di Amazon, Apple, Facebook e Google” di Scott Galloway La verità è che Amazon sconfigge tutti per un altro motivo: come gli altri tre, avverte ed interpreta con precisione il nostro istinto: cacciare e accumulare. Lo facevano gli uomini e le donne primitivi e noi lo ripetiamo di sana pianta. Osservare le modalità di acquisto di uomini e donne ricalca esattamente questo processo innato. Il nostro istinto primordiale è uno strumento molto potente e in una società capitalista, come la nostra, dà il senso del rapporto con il consumatore che infatti “consuma” e spinge la domanda e l’offerta. Il lusso non come esteriorità ma come gene, come essenza di sé stessi. La massa non ha accesso al lusso ma lo desidera. Spendere i propri soldi per qualcosa che avverti come lussuoso, è una esperienza irrazionale. Il prezzo alto è sinonimo di qualità ed esclusività. Apple vende l’emozione. Facebook concede empatia che è la qualità essenziale della vita umana. Ci conosce quasi meglio di quanto noi conosciamo noi stessi. Oggi c’è bisogno di conoscenza: ed ecco che Google risponde ad ogni domanda. È il nuovo dio, abbiamo fiducia in Google. Cosa vuole il consumatore oggi? 2008. Anno del blackout. Vero spartiacque di una tendenza al consumo profondamente mutata negli ultimi 10 anni. I processi di acquisto del consumatore, attraverso un graduale ma inesorabile cambiamento, segnato da step intermedi, sono diventati il fulcro dell’attenzione da parte dell’intero sistema commerciale mondiale, in maniera quasi letteralmente contraria da quanto accadeva in passato, soprattutto nel nostro paese. Siamo ormai pienamente dentro un mercato “client oriented”, e per questo soggetto a continue trasformazioni. Il consumatore oggi pone una particolare attenzione al proprio benessere ed alla propria salute, ed accoglie gradualmente l’impatto rivoluzionario della digitalizzazione del mercato, pur mantenendo attenzione alla tradizione nei meccanismi di acquisto. Oggi il mercato ci restituisce un consumatore informato, nomade, interconnesso, dagli umori fluttuanti, ed attento alla qualità del prodotto o del servizio.- Acquista sia in maniera tradizionale (acquisti fisici) che mediante l’uso della tecnologia (acquisti online);
- In entrambi i casi, il fornitore, sia esso di matrice tradizionale che digitale, difficilmente detiene il monopolio del cliente, tranne nei casi in cui ci si trovi di fronte ad una vera e propria brand identity affermata, di cui parleremo prossimamente.